11/09/01

Io ero al PC,

a casa di mio padre, stavo vivendo prevalentemente in Sud America ma a volte lo andavo a trovare a Genova. Pur essendo di ideali strettamente non violenti, nella vita di tutti i giorni ero più abituata ai conflitti che alla pace. Più ai funerali di giovani che ai compleanni di anziani. Più agli spari che al silenzio notturno. Ero dunque più cosciente della situazione di instabilità e meno spensierata dei miei connazionali. Quello che ho pensato vedendo sul monitor il crollo delle 2 torri è stato: ‘Che aberrante scena da film, se la saranno architettata da soli perché sembra uscita da Hollywood’, ma sono comunque andata a vedere cosa faceva lui in cucina. Brindava. Non era cattivo, normalmente era una persona considerata fin troppo buona, brindava perché, anche se in proporzioni minime, ci vedeva un’ombra di equilibrio, che le tragedie non succedessero sempre ai soliti e solo ai poveri. Io ero solo stufa. Della riluttanza del mondo a cambiare, a creare cause di pace, a slegarsi dal sistema. Soprattutto dal basso. Avevamo due espressioni diverse (una seccata e una festosa) ma accomunate dal fatto di non essere quelle descritte dai TG. Nel frattempo, difatti, il TG continuava, e diceva che eravamo tutti estremamente addolorati, scossi dalla sorpresa, nonché morti di paura. Che i nostri giorni lieti erano stati improvvisamente colpiti, che ci sentivamo minacciati, inspiegabilmente, da un momento all’altro, da ignoti terroristi, dei quali ci sentivamo vittime, identificandoci con quei deceduti, che (a differenza di altri, sottinteso) sentivamo vicini. Tutti. Nessuno poteva sentirsi diversamente, nessuno poteva vedere altre sfumature del quadro che lo schermo televisivo offriva.

Ridi papà, da dove sei, dei mass media, perché lo stanno ancora dicendo.

Manuela